L’Italia, Macron e la NATO

di Fabrizio W. LUCIOLLI, Presidente.

La dura sentenza sullo stato di salute della NATO emessa dal presidente Emmanuel Macron in una recente intervista rilasciata al settimanale The Economist ha riacceso i riflettori sull’Alleanza Atlantica in una particolare congiuntura storica che, a settant’anni dalla firma del Patto Atlantico, vede la NATO ricordare il trentesimo anniversario della caduta del muro di Berlino alla vigilia di un importante vertice dei capi di stato e di governo in programma a Londra.
Immediata è arrivata la replica di diversi leader occidentali: la Cancelliera Merkel ha rivendicato una posizione nettamente difforme da quella francese; il Primo ministro polacco Morawiecki ha apertamente criticato l’ambiguità della politica della Francia nei confronti dell’Alleanza; il Segretario di Stato statunitense Pompeo, il Segretario Generale NATO Stoltenberg e la stessa Presidente della Commissione Europea von der Leyen, hanno ribadito il ruolo cardine della NATO per la sicurezza dell’area euro-atlantica. Complimenti al presidente Macron sono, invece, pervenuti da Maria Zakharova, portavoce del Ministero degli Affari Esteri russo. Italia: assente.
In Italia, le patologiche esternazioni del presidente francese avrebbero dovuto suscitare un dibattito ben più approfondito di quello a suo tempo originato dalle provocatorie affermazioni del presidente Trump circa il rischio di “obsolescenza” della NATO. Le affermazioni di Trump, successivamente smentite da un accresciuto impegno statunitense in Europa, intendevano promuovere gli interessi nazionali statunitensi attraverso un rafforzamento dell’Alleanza. Di contro, il certificato di presunta “morte cerebrale” della NATO che, quale autorevole componente dell’Alleanza, il presidente francese ha di fatto attribuito anche a sé stesso, appare, invero, volto a emarginare l’Alleanza e a rinverdire velleità golliste, a scapito degli altri alleati quali l’Italia.
Le dichiarazioni del presidente Macron vanno inserite nell’attuale quadro geopolitico e strategico europeo, in rapido mutamento. In un’Europa che sta esaurendo i suoi leader e perdendo il Regno Unito, e in cui la Francia rimane l’unico paese europeo membro permanente del Consiglio di Sicurezza e potenza nucleare, il tentativo del presidente Macron di indebolire la NATO e posizionarsi quale prima guida dell’Unione Europea, possibilmente rilanciando le relazioni con Mosca, andrebbe valutato con estrema attenzione, soprattutto da parte italiana.
Nell’attuale contesto euro-atlantico, ove l’Italia fatica a difendere i suoi legittimi spazi, è nell’Alleanza Atlantica che l’Italia può ritrovare lo snodo per promuovere più efficacemente i propri interessi nazionali. Diversamente dall’Unione Europea, il minor peso che nella NATO assumono la Francia e, tuttora la Germania, offrono all’Italia ampi margini d’azione per rilanciare il ruolo politico dell’Alleanza Atlantica, foro unico e quanto mai necessario di dialogo transatlantico che il presidente Macron intenderebbe superare.
Con Brexit, l’Italia si rivela un perno fondamentale per il dialogo transatlantico sui temi di sicurezza e per lo sviluppo e l’innovazione tecnologica. Ponte naturale tra Nord e Sud, e tra Washington e Mosca, l’Italia può contribuire in maniera determinante al processo di rinnovamento e adattamento dell’Alleanza. Ciò permetterebbe, altresì, all’Italia di continuare a rimanere all’avanguardia nel settore delle alte tecnologie e quale polo d’innovazione rilevante a livello globale. Infine, sul tema del cambiamento climatico l’Italia potrebbe svolgere un ruolo di traino per l’intera Alleanza essendo uno dei paesi che rischia di subirne maggiormente i suoi effetti.
Pertanto, il vertice di Londra costituisce un altro momento fondamentale nel processo evolutivo dell’Alleanza. L’Italia, oggi ancor più di ieri, è chiamata ad assumere ruoli di primaria responsabilità per il futuro della NATO.
Come dichiarò con lungimiranza oltre sessant’anni fa l’allora ministro degli esteri italiano, Gaetano Martino, unitamente ai colleghi norvegese, Halvard Lange e canadese, Lester B. Pearson, nel Rapporto sulla cooperazione non militare nella NATO, “dobbiamo impedire alle forze centrifughe di opposizione o all’indifferenza di indebolire l’Alleanza. La NATO non è stata distrutta, o addirittura indebolita, dalle minacce o dagli attacchi dei suoi nemici. Ha vacillato a volte a causa della letargia o del compiacimento dei suoi membri: a causa del dissenso o della divisione tra di loro; ponendo piccole considerazioni nazionali al di sopra dell’interesse collettivo. Potrebbe venir distrutta da queste forze se gli fosse consentito di sopravvivere. Per combattere queste tendenze, la NATO deve essere utilizzata dai suoi membri, molto più di quanto non sia stata usata, per una consultazione e una cooperazione sincere e genuine su questioni di interesse comune. A questo scopo la risolutezza è più importante delle risoluzioni, la volontà più delle parole.”

Pubblicato su Airpress n. 105, novembre 2019